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Sentire le prime parole del bambino è un’esperienza emozionante per i genitori. Ogni genitore attende con ansia il momento in cui sentirà “mamma” o “papà”. Questa attesa richiede tempo e pazienza, poiché lo sviluppo del linguaggio inizia già nel grembo materno, intorno alla 23esima settimana di gravidanza, quando si forma l’organo dell’udito. Tuttavia, è solo verso il primo anno di età che il bambino inizia a pronunciare le sue prime parole, che spesso sono la ripetizione, casuale o meno, di due sillabe. Nonostante la loro semplicità, queste parole riescono a far battere il cuore dei genitori più velocemente.

Secondo la pedagogista pediatrica Silvia Lusetti, autrice del libro “Dai, giochiamo a parlare“, lo sviluppo del linguaggio nei bambini richiede una solida base, costituita dai prerequisiti. “Il linguaggio ha bisogno di fondamenta, di tutto quello che precede le prime parole,” spiega Lusetti. La guida offre strategie e giochi per stimolare il linguaggio dei bambini. Le basi includono “l’aggancio visivo”, che consente al bambino di osservare la mamma e i suoi movimenti labiali, “l’attenzione condivisa”, che implica l‘interesse condiviso per un oggetto o una persona, i primi vocalizzi, attraverso cui il bambino capisce che emettendo suoni la mamma lo osserva, e “l’intenzionalità comunicativa”, ovvero il desiderio di condividere qualcosa.

Primi suoni e parole

Verso i 12 mesi compaiono le prime parole, ma il ritmo di apprendimento varia da bambino a bambino. “Ogni bambino impara in tempi e modi diversi,” dice Lusetti. Il vocabolario si espande notevolmente tra i 18 e i 24 mesi, periodo in cui i bambini iniziano a formulare le prime frasi, spesso combinando una parola con un suono onomatopeico, un aggettivo o un verbo.

Quando iniziare a stimolare il linguaggio? “Da subito,” consiglia Lusetti, sottolineando che i genitori sono la miglior risorsa per i bambini nei primi anni di vita. “Se a 12 mesi il bambino non parla, non pronuncia le prime parole e non fa lallazione, bisogna concentrarsi sui prerequisiti del linguaggio.” Tra i 12 e i 18 mesi, è importante che il bambino inizi a ripetere, associando suoni a parole e imitando verbalmente ciò che sente dagli adulti, iniziando dai suoni onomatopeici.

Quando preoccuparsi?

Le tappe di sviluppo ideali sono: a 12 mesi, 2 o 3 parole; a 18 mesi, 50 parole; a 24 mesi, piccole frasi. È importante verificare se a due anni sono presenti i prerequisiti del linguaggio. Preoccuparsi in senso positivo significa fare qualcosa per stimolare il bambino a parlare, utilizzando le giuste strategie, giochi e canzoncine. Le strategie inadeguate possono causare ansia da prestazione nel bambino, quindi è meglio evitare di mettergli fretta o anticipare i suoi bisogni. Invece, bisogna attirare la sua attenzione giocando e cantando, magari con l’aiuto di un logopedista.

Per approfondire: Sviluppo del linguaggio nei bambini: le tappe fondamentali

Difficoltà linguistiche

È piuttosto comune per i bambini di due anni parlare in ritardo, interessando circa il 13-20% di loro. Circa la metà supera queste difficoltà, il che ha portato alla diffusa raccomandazione di aspettare. Tuttavia, Laura Borzaga e Giulia Mantegazza, neuropsichiatre infantili della Fondazione Don Gnocchi, sottolineano che questo approccio presenta problemi. In primo luogo, chi parla in ritardo potrebbe non recuperare completamente. Le difficoltà linguistiche precoci sono infatti un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di un vero e proprio disturbo primario del linguaggio. Inoltre, parlare tardi può avere un impatto negativo sul bambino già durante la prima infanzia, rendendolo frustrato, introverso o aggressivo, poiché non ha le parole per esprimere sentimenti o desideri. È quindi importante chiedere consiglio al pediatra o rivolgersi a un logopedista.

In Italia, il 7% dei bambini in età prescolare soffre di un disturbo dello sviluppo del linguaggio. Per aiutare le famiglie a identificare e affrontare il problema, la Fondazione Don Gnocchi ha lanciato “Baby bloom”, un servizio in cui specialisti e genitori lavorano insieme, sia a casa che durante incontri dedicati. Il percorso è rivolto a bambini tra i 18 e i 36 mesi con ritardo di sviluppo del linguaggio. È strutturato in 15 incontri settimanali e inizia con una valutazione del neuropsichiatra infantile, seguita da una valutazione del logopedista e da una decina di incontri con i genitori, durante i quali vengono proposte attività da svolgere poi a casa. L’intervento è un “parent training” che prevede l’utilizzo di sussidi adatti al percorso di cura.

Strumenti digitali

I dispositivi digitali non favoriscono lo sviluppo del linguaggio, con poche eccezioni. “Non sono contraria alla televisione a prescindere,” afferma Silvia Lusetti, spiegando che è importante offrire ai bambini un tempo di qualità. La cosa migliore sarebbe guardarla insieme, commentarla e poi rivivere l’esperienza,” magari disegnando, sfogliando un libro o giocando con i personaggi. L’obiettivo è trasformare quel momento in un’esperienza linguistica da rielaborare, per ampliare il vocabolario e le competenze narrative. L’uso di YouTube non va demonizzato, soprattutto “a piccole dosi e per ascoltare canzoncine“. Al contrario, tablet e smartphone dovrebbero essere evitati perché non solo non stimolano il linguaggio, ma possono causare disturbi del sonno, ritardi linguistici e problemi relazionali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di vietarli nella fascia 0-2 anni, di limitarli a un’ora al giorno tra i 2 e i 5 anni, e a due ore tra i 5 e gli 8 anni.

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