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Il disegno del sole nero

La mia bambina ha disegnato un sole nero di carbone

Appena circondato di qualche raggio arancione.

Ho mostrato il disegno ad un dottore.

Ha scosso la testa, ha detto: “La poverina, sospetto,

E’ tormentata da un triste pensiero che le fa vedere tutto nero

Nel caso migliore è un difetto di vista: la porti da un oculista”

Così il medico disse ed io morivo di paura.

Ma poi guardando meglio, sotto al foglio, vidi che c’era scritto,

in piccolo “l’eclisse”.

Troviamo nei versi di Gianni Rodari quanto sia importante parlare con il bambino del suo disegno e non fermarsi alla semplice osservazione e lettura degli indici grafici.

Disegnare attiva meccanismi proiettivi inconsci, ovvero inconsapevoli, che non controlliamo e di cui non ci rendiamo conto.

Come il bambino proietta sul foglio il suo modo di essere, le emozioni, lo stato d’animo del momento o caratteristiche riconoscibili nella sua indole, così farà l’adulto che poco dopo prenderà in mano il disegno del bambino.

Ancor prima di iniziare a leggere il disegno, scomponendolo nei diversi dettagli, come la disposizione nello spazio, la linea, il tratto, la forma prevalente, la pressione, il colore, eventuali esitazioni (se abbiamo avuto modo di osservare il bambino mentre disegna o se sono visibili nel prodotto finito, ad es. con cancellature), la prima reazione immediata, incontrollabile e inconsapevole dell’adulto è un sorriso oppure una smorfia, ed è proprio da questa prima reazione che inizia la proiezione dell’adulto-lettore; è così che alle proiezioni del bambino sul foglio che hanno dato vita al disegno, si aggiungono le proiezioni dell’adulto, che danno vita ai “significati” attribuiti al disegno del bambino: in alcun modo le proiezioni dell’adulto dovranno interferire in modo massiccio sulla lettura del disegno del bambino, il rischio è che le proiezioni dell’adulto prendano il sopravvento sulla comunicazione del bambino attraverso il mezzo grafico.

Per evitare che tutto questo accada è molto importante:

1- Avere una formazione ed un’esperienza adeguate;

2- Confrontarsi con un collega esperto (molto importante nei contesti in cui il disegno del bambino sia utilizzato come strumento di valutazione clinica, ad esempio da parte di uno psicologo)

3- Conoscere il bambino ed essere presenti: la presenza mentre il bambino disegna consente di osservare e valutare non soltanto gli elementi leggibili nel “prodotto finito”, ma anche il modo in cui il bambino si relaziona con noi, con lo spazio ed il contesto, il gruppo (se presente), come si relaziona con lo spazio grafico/foglio a disposizione e come utilizza gli strumenti per disegnare;

4- Non limitarsi alla lettura di un solo disegno del bambino: il disegno da una parte esprime l’emozione e lo stato d’animo del momento, della situazione particolare, che il bambino sta vivendo mentre disegna, dall’altra la sua indole, quindi, i disegni nel tempo manterranno le caratteristiche ad espressione di quest’ultima mentre tenderanno a variare le comunicazioni relative alla mutabilità delle situazioni e del modo di vivere del bambino le singole situazioni, i diversi periodi di vita, le diverse esperienze ed emozioni associate.

5- Arricchire la comunicazione grafica che il bambino realizza con il suo disegno con una descrizione verbale: in questo modo tanti elementi grafici ambigui, che si presterebbero a massicce proiezioni dell’adulto, possono essere chiarite dalla contestualizzazione verbale fatta dal bambino.

Dunque, il disegno del bambino non è uno strumento di comunicazione e conoscenza importante di per sé, ma può diventarlo nella relazione con l’adulto esperto che discretamente, consapevolmente e in modo competente si accosta al meraviglioso mondo interiore del bambino attraverso i suoi disegni.

Dott.ssa Sara Di Febo, Psicologa